MUSE – Museo delle scienze

Trento,

DATA REALIZZAZIONE: Luglio 2013
CLIENTE: MUSE – Museo delle Scienze di Trento
TITOLO ATTIVITA’: Allestimento impianto multimediale

MATERIALI UTILIZZATI:
• 100 monitor vari formati completi di player multimediali
• 50 mini computer
• 30 videoproiezioni
• 12 multiproiezioni sincronizzate
• 10 schermi olografici in vetro sospesi

DESCRIZIONE ATTIVITA’:
L’allestimento del MUSE ha costituito per Acuson – un’esperienza ed una sfida assolutamente stimolanti – al servizio del progetto museografico redatto dallo Studio Piano, basato sulla successione di allestimenti unici, tutti diversi, ognuno dei quali ha richiesto studi ingegneristici, prototipizzazioni e test dedicati.

Principio ispiratore dell’intero allestimento è la Zero Gravity. Nel segno della diversificazione tra linguaggio architettonico e linguaggio museografico, gli oggetti galleggiano nel vuoto, i supporti e i contenitori – invisibili e “minimalisti” – assolutamente separati dal contesto che li accoglie. Così i tavoli sono stati “destrutturati” mantenendo il solo piano orizzontale, in legno, e riducendo le gambe a semplici tondini in acciaio che li ancorano alla struttura. Ciò ha comportato necessariamente l’ideazione e la realizzazione di un sistema nascosto di funi in acciaio a compensare le eventuali torsioni dei supporti.

Nel Labirinto della biodiversità alla sfida dell’applicazione della Zero Gravity, si è affiancata quella della scomposizione dei piani. Composto da molteplici lastre in cristallo, sostenute da altrettanti montanti in metallo, il Labirinto è un percorso a zig zag che rappresenta la biodiversità, ricostruendo, in successione stratificata, gli habitat degli animali, dal sottobosco, agli alberi, alla vita aerea. L’inserimento di monitor sui vetri dove sono stampate immagini fisse consente di dar vita ad alcune di esse, creando suggestive ed impreviste animazioni.

La sfida ingegneristica si è fatta ancor più ardua nella Time machine, rappresentazione evocativa di una capanna, nucleo del villaggio preistorico. A pianta spiraliforme, è costituita da un corridoio d’ingresso realizzato da oltre 50 lastre verticali di cristallo, sospese (circa 12 tonnellate), che si piegano su se stesse fino a chiudersi, diventando la capanna vera e propria, riaprendosi poi per dar vita al corridoio di uscita. All’interno della capanna una sorta di “monolite” centrale simboleggia il focolare. Su tutti i cristalli immagini ora sfocate, ora nitide narrano le attività principali delle varie fasi della preistoria: la caccia, lo scuoiamento, la macellazione, la costruzione degli utensili.

Per la ricostruzione di un vero ghiacciaio, più che a una sfida ci si è trovati davanti a un paradosso: si trattava infatti di ricostruire in un interno un ambiente tipicamente esterno e per di più al piano più caldo del Museo, correndo il rischio di farsi paladini della conservazione dell’elemento maggiormente a rischio dell’habitat alpino e di vederlo svanire ancor prima che prendesse forma.
La ricostruzione del ghiacciaio, realizzata intorno ad una morena artificiale in resina, ha comportato studi congiunti di impiantisti, ingegneri strutturali, ingegneri della refrigerazione impegnati per la prima volta nella produzione di ghiaccio a fini espositivi. Sforzo che si è ripetuto per la conservazione di una “carota” di ghiaccio antartico all’interno di una vetrina cilindrica, dotata di un complesso sistema di refrigerazione a temperatura (-20 per prevenire l’eventuale formazione di batteri) e umidità (che, se eccessiva, ne provocherebbe la deformazione) costanti.

Ed infine il Big Void, il grande vuoto, che attraversa l’intera costruzione dall’alto in basso, costituendo il fil rouge del percorso museale. Grande vuoto che si riempie di vita: animali stratificati disposi lungo una spirale destinata a restringersi e che rispetta la loro posizione nell’ambiente – dalla montagna alla pianura – e nel percorso evolutivo, giù giù fino ad arrivare ai loro progenitori, i grandi dinosauri collocati su pedane che ricreano l’ambiente preistorico trentino, al piano seminterrato.
Piani fluttanti ed intersecati tra loro, come le funi in acciaio che li collegano, costruiscono un enorme “castello di carte”, la cui cifra dominante, la leggerezza, non cela la complessità della costruzione e, simbolicamente, dell’evoluzione naturale.

PROGETTO PRECEDENTE